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Scrivere a mano nell’era digitale: una competenza in via d’estinzione?

Smartphone, tablet e social network dominano la società contemporanea, trasformando radicalmente le abitudini comunicative e cognitive delle nuove generazioni. Una delle competenze più antiche e fondamentali della nostra civiltà rischia oggi di scomparire: la scrittura a mano.

La Generazione Z, cresciuta immersa nella tecnologia digitale, sembra infatti allontanarsi rapidamente da un’abilità che per oltre 5.500 anni ha permesso all’umanità di tramandare storie, conoscenze, identità e cultura. Secondo uno studio del National Literacy Trust (2022), circa il 40% dei giovani tra i 11 e i 18 anni nel Regno Unito afferma di scrivere a mano solo quando strettamente necessario, mentre il 25% dichiara di non scrivere mai per piacere.

Le conseguenze di questa transizione non sono solo culturali, ma anche cognitive e neurologiche. Numerose ricerche neuroscientifiche dimostrano che la scrittura a mano attiva aree del cervello fondamentali per lo sviluppo della memoria, del linguaggio e della comprensione. Uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology (James & Engelhardt, 2012) ha evidenziato che i bambini che imparano a scrivere a mano mostrano un’attività cerebrale significativamente maggiore nelle aree legate al riconoscimento visivo delle lettere rispetto a chi utilizza solo dispositivi digitali.

Inoltre, secondo una ricerca dell’Università di Stavanger (Norvegia, 2020), gli studenti che prendono appunti a mano comprendono e ricordano meglio i contenuti rispetto a chi utilizza tastiere. La scrittura manuale implica infatti un’elaborazione più profonda dell’informazione: l’atto fisico di scrivere costringe a selezionare, sintetizzare e interiorizzare, processi chiave per l’apprendimento duraturo.

Dal punto di vista motorio, scrivere a mano sviluppa le abilità fino-motorie, la coordinazione oculo-manuale e la capacità di mantenere l’attenzione nel tempo, tutte competenze fondamentali, soprattutto nei bambini in età scolare. Tuttavia, queste abilità rischiano di essere trascurate in un mondo dove la digitazione e la comunicazione istantanea hanno la priorità.

Anche il linguaggio stesso sta mutando. L’uso di messaggi brevi, abbreviazioni, emoji e meme, sempre più diffuso su piattaforme come WhatsApp, Instagram, X, TikTok, se da un lato stimola creatività e rapidità espressiva, dall’altro favorisce uno scambio comunicativo frammentato e superficiale. Secondo uno studio dell’Università di Toronto (2018), questo tipo di comunicazione digitale ha un impatto negativo sulla capacità di esprimersi in modo articolato e coerente nei contesti formali e interpersonali.

Il rischio è quello di una generazione abile nell’uso dei mezzi, ma più povera nei contenuti, nella profondità del pensiero e nell’empatia comunicativa. Nei colloqui, nelle aule scolastiche e nei rapporti faccia a faccia, molti giovani faticano a strutturare un discorso complesso o a esprimere emozioni in modo diretto, un segnale che richiama la necessità di riequilibrare il rapporto tra digitale e analogico.

Nonostante questo scenario allarmante, la speranza non è perduta. Diverse scuole, specialmente in Francia e Finlandia, stanno reintroducendo programmi di calligrafia e scrittura a mano nei primi anni scolastici, consapevoli del loro ruolo nello sviluppo integrale della persona. Anche in Italia si stanno avviando progetti sperimentali per riportare l’attenzione su questa competenza trascurata.

Educatori, genitori e istituzioni hanno un ruolo chiave nel rivalutare la scrittura a mano non come una pratica obsoleta, ma come un patrimonio cognitivo, espressivo e umano da preservare.

Scrivere a mano non è solo un mezzo di comunicazione, ma anche un esercizio di lentezza, attenzione e connessione con se stessi, qualità tanto più preziose quanto più rare.

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